giovedì 8 aprile 2010

Prête


E' proprio all'improvviso che ti ritrovi in un bistrot a parlare di Dostoevskij con una perfetta sconosciuta. Le guardi le mani, studi i suoi gesti e il modo di pronunciare quella "esse" che fa sbattere la lingua contro gli incisivi. Sorride discreta, lei.
La voce segue gli occhi, bassi. La forchetta rastrella l'ultimo pezzo di formaggio incollato al prosciutto e ci si lecca l'indice anziché pulirsi col tovagliolo.
Fuori comincia a piovere e che importa? l'ombrello nessuno lo usa, qui.
Ci si trova a navigare tra sguardi assenti, tra parole che s'inseguono rapide e non arrivano sino a te. No. Tu sei là, ipnotizzata da qualcosa o da qualcuno che nemmeno sai cos'è o chi è.
Gli occhi sono più neri di un cielo invernale, foulard colorati coprono capi mai alti e i pensieri sono accompagnati da suoni gutturali, forti, suoni di terre molto più lontane dell'odore di casa.
In pochi mq di spazio, sul tram A, s'incontrano tante speranze, suoni acuti e risate rotte. Mani che hanno travagliato tutta la giornata ed un piccolo accento del sud mascherato dietro qualche "erre" arrotata, ti riporta a casa, indietro nel tempo.
Ed ecco le soirées passate con gli amici di sempre, quelli a cui è sufficiente un tuo sguardo per dimostrare cosa provi e non chi sei.
Ed ecco una soirée improvvisata con due perfetti sconosciuti, sul mio divano, a bere una birra, a parlare di tutto e di niente e non è uno sguardo che ti fa capire cosa provano o cosa provi. non è uno sguardo a far capire chi sei. ci vuole molto di più. e tu? sei pronta tu a scoprir-ti poco a poco? a lasciarti andare, tu, bambina curiosa dagli occhi lucidi e vivi?

sei pronta tu?

oui. je suis prête.

martedì 5 gennaio 2010

amants



Si raccolgono i pensieri come le noci ai piedi degli alberi. le castagne calde nel cono giallo, briciole di panettone, letto sfatto, gocce ricche ad inzuppare gli stivali nuovi. un'altra valigia, sempre troppo piena. la sveglia canta come il gallo, non c'è pietà per gli amanti sfiniti d'amore. non c'è indulgenza, non c'è dolcezza alcuna quando tutto si scioglie, quando le porte si chiudono e le rotaie stridono. non c'è. non c'è. ed i ricordi come nastri a festa sono ancora lucenti, sanno di miele e d'indigestione saporita. e quel che rimane è un viaggio, strade non asfaltate e rospi da non calpestare. non sia mai diventino prìncipi, da baciare.

lunedì 30 novembre 2009



fianchi di duna, capelli di sabbia
seni come arance acerbe
labbra come susine, solo da mordere.
onde di spuma bianca su un'isola deserta
ombelico, unico salvagente.
si anelano mute carezze
per annegare poi nel solito profumo.

mercoledì 14 ottobre 2009

A me stessa.



Amo tutti gli inizi. Quelli dei libri celebri e non, quelli che quando sei in libreria, sbilanci il peso del corpo su un piede, la borsa a tracolla da un lato, la testa inclinata, la mano sinistra a reggere quel tesoro e con l'indice ed il pollice accarezzi la prima pagina. ed eccole là le dediche.

A Elisabeth. A Sara, perchè te l'avevo promesso. Ai miei figli.

Leggi le prime due righe e ti chiedi quale ventre sia stato capace di dare alla luce l'ispirazione di quei grandi che hanno fatto la storia.

stanotte questa pagina non ha un inizio vero. allora cacciamo via l'inizio e la sua compagna fine, cominciamo dal figlio, cominciamo dal mezzo.

Un mezzo composto di fogli a quadretti, di pensieri sconnessi.
Il metro di carta dell'Ikea che adoro attorcigliare attorno all'indice per poi lasciarlo cadere, giù, in picchiata, finchè non tocca il marmo.
Le candele che bruciano l'ossigeno, lentamente.
Nuove voci in corridoio. E quelle vecchie, che risuonano da lontano, da dentro.

Le abitudini cadono in fondo al cassetto dei ricordi e le arance andate a male si decompongono, magari lo facessero anche le nostre paure!
L'autunno è entrato dalla finestra con tutti i suoi spifferi emotivi e non si fa in tempo a coprirsi che lassù sulle montagne le vette sono già panna.

Un nuovo lavoro, sarà odio o sarà amore con la cravatta? vincerà il casual friday tutti i giorni?
Un esame all'università, un essemmesse atteso sempre con quello stupore che ormai di fanciullesco ha solo l'odore.
Le insicurezze di una giovane donna che vuole colmare la storia mentre la Tosca grida il suo amore.

Amelie è sempre là, icona che non esiste, icona delle persone sole ed incomprese. sempre là, a prendere polvere e sole e pioggia. I gatti di legno custodi di simboli di fede. Parigi, Parigi, sogno di strade lucenti e cappelli eleganti, la locanda di donna Marie e il suo vin chaud.

Amori e bugie soffocati sotto il cuscino, tra una lacrima che non scivola più ed un sorriso forzato.

Senso di malinconia stanotte. Un accento che non si riconosce più. Lingue lontane e pericoli al confine.

La vita, il futuro si mischiano al passato, ai sogni, alle insicurezze come ragnatele.

Torna questo senso di non spazio dentro me ed io - gazzella inquieta - ricomincio a correre.

Vorrei un tetto su cui guardare, una bicicletta anni '30 da lucidare e la voglia di cancellare e ricominciare, la voglia di scrivere delle "case degli altri" che mi hanno fatto diventare quella che sono oggi.

e stasera non c'è una fine chiara-mente. c'è solo chiara e questo basta.

On air: "Si rien ne bouge" - Noir Desir.


martedì 9 giugno 2009

demain


il lunedì mattina è uguale a tutti gli altri lunedì dell'anno messi in fila uno dietro l'altro. come gli autobus che aspettano al capolinea di fronte alla stazione termini. e come i lunedì e gli autobus, una cascata di pensieri si sussegue, tutti ordinati, uno appresso all'altro.

il biglietto spiegazzato nella tasca del jeans che - puntualmente - dimentico di togliere quando faccio il bucato e lo ritrovo poi sbiadito a fare capolino.

il cieco che col suo bastone bianco e rosso si fida di se stesso e lentamente porta le sue gambe sull'orlo della scala mobile del metrò.

la signora Africa, come la chiamo io, che amo salutare con un cenno della mano, tutte le mattine, mentre io cogl'occhi assonnati vado in ufficio e lei cogl'occhi grandi ed espressivi canta sotto un ombrellone colorato, le canzoni della sua terra.

i fogli del Leggo calpestati già alle 9.10. l'odore, quello buono e quello cattivo, delle persone. il loro sudore, le camicie segnate a mezzaluna sotto le ascelle ed i sandali coi calzini dei tedeschi che, con le guance rosse per il caldo, scendono alla fermata "Colosseo".

la luce che arriva all'improvviso dopo piramide, si esce dal buio quando meno ce l'aspettiamo. luce e fisarmoniche che cantano tutti i giorni la stessa melodia, da ormai otto mesi.

otto mesi di travaglio e di sbadiglio. otto mesi di busta paga. otto mesi di caffè in cialde bruciate e barrette ipocaloriche, che mi viene un senso di disgusto solo a vederle giacere là, sul mobiletto della coffee room, chè dire stanza della pausa, pare brutto ed allora sostituiamo le cose da fare con bullet point e punto di condivisione con sharepoint e facciamo questo check che controllo non va più di moda. a volte mi chiedo che fine abbia fatto la lingua di Dante e perchè la pizza da asporto sia diventata take away senza rimedio.

e due lacrime grandi e piene mi scivolano da quel buco stretto all'inizio dell'occhio quando una collega mi dice "come faremo senza miss s?". e mi sento amata e coccolata, la mascotte della situazione o anche la marmotte della situazione, visto che in otto mesi sono riuscita ad arrivare prima degli altri sono due volte.

mi sento fortunata. ed inquieta, tanto inquieta perchè non mi chiedo cosa so fare ma ciò che mi piace fare. e a questa domanda una risposta non c'è.
mi piace tutto e mi piace nulla.
mi piace il senso di giustizia ma sugli artt. del c.p.c. il mio Morfeo ci si culla indisturbato.

mi ricordo di mario, il primo giorno di lavoro. era lui l'addetto a sistemarmi il piccì con tutte le pwd possibili ed immaginabili. ed allora ecco un giga12 ed un lady08 che poi è diventato pluto, più facile e più simile a quello che mi sento io, soprattutto quando scoppia la gomma del 93 ed io sono in un fottutissimo ritardo cosmico e la legge di murphy ride di me.

ed oggi ho paura di domani. cosa farò? con chi vivrò? e tra qualche giorno la casa sarà piena di scatoloni e mi viene da piangere perchè tutti hanno una vita che condividono con qualcuno e all'improvviso "ciao ragazza ciao tieni tra le dita il ricordo di ciò che è stato".

ed io non sono mai stata brava con gli scatoloni. porto sempre alla spicciolata le cose, le lascio qua e là, piccola nomade di me stessa, che si affeziona agli odori e ai cuscini degli altri, che ha paura di cadere nell'oblio, che ha paura di sentirsi, di ascoltarsi. preferisco dire che mi perdo e che cerco di ritrovarmi poi. ma alla fine lo sanno tutti - compresa me - dove cercarmi.

oggi ho paura di domani, di questo senso di precarietà mensile. è strano, sai, la casa ha di nuovo l'odore di casa mia. manca solo quel programma che faceva Corrado, il pranzo è servito, ed il manico della scopa con cui arrivavo ad accendere l'interruttore del bagno, un metro d'altezza di meno. il divano è lo stesso. eppure io oggi mi sento piccola e fragile. con la voglia di nascondere la faccia sulla camicia di qualcuno più grande di me.

ed invece no. infilo il naso tra gli atti nulli del codice di procedura, dicendo a me stessa che ce la posso fare, che il futuro mi aspetta con altre persone da amare, da conoscere e magari detestare, con la scrittura che è un alito di vita in questa giornata rafferma, come il pane che ho dimenticato di baciare prima di buttare.

mercoledì 13 maggio 2009

lunedì 4 maggio 2009

Parler au Vent.


vorrei tagliare via i pensieri tristi stasera, piegarli come tanti aeroplanini di cartapesta e lasciarli liberi di andare dove il vento li porta. quando cala la sera, conservo dentro i visi già stanchi delle persone incontrate alla fermata "garbatella", la mattina, quando sulla lingua abbiamo ancora il sapore del caffè; mi porto dentro le parole dure, gli sguardi fissi e gli accenti marcati; il sudore della fronte degli operai che, a mezzogiorno, scavano sulla Colombo; la sensibilità abbraccia anche l'indifferenza; il cuore si strizza ripensando ai pomeriggi passati col naso all'insù contando le nuvole come fossero innumerevoli agnelli bianchi e grigi, agnelli in fuga. agnelli che non sanno o che non vogliono sapere.
mi vien voglia di scrivere e di scrivere e di scrivere. una storia, la mia. chissà. un jour peut etre.